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La città dei lupi blù

Popolarità:
82
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Inserito il:
novembre 2013

Autore:
Marco Viale

Casa Editrice:
EDT - Giralangolo


Il mare è blu. Il cielo è blu. E i lupi? Anche, ma solo nella città dei lupi blù, dove succedono cose parecchio strane. Età di lettura: da 4 anni.   Marco Viale è un autore-illustratore da tenere d'occhio: ha studiato architettura e praticato pubblicità e fotografia; da questi studi e attività sembra aver attinto la creatività e gettato via la zavorra, cioè l'originalità fine a se stessa che vuole épater… chissà chi poi. Rimangono invece veramente stupiti i lupi blu, così blu che mettono persino l'accento sulla "u", tutti sempre uguali a fare sempre le stesse cose, anche la pipì blu, senza mai sorridere, spesso con il mal di stomaco, quando giunge in città un lupo rosso su una bicicletta rossa. Ma così rosso che ci vogliono due erre: rrosso. E fischia. Mai visti una cosa così e tanto disordine. Eppure a poco a poco anche i lupi blu cominciano a fischiare, a fare cose diverse, a sorridere facendo la pipì, senza mal di pancia. Ma un giorno improvvisamente il lupo rosso sparisce. E una mattina su un monopattino giallo arriva un lupo giallo, ma così giallo che non bastano due elle, ne occorrono tre: gialllo. E fa una capriola. Detto così si capisce che è un apologo su conformismo e anticonformismo, diversità e accoglienza. La differenza rispetto alla retorica di libri analoghi è data da una grafica davvero divertente e sorprendente, che colpisce e sollecita a pensare. In grandi pagine bianchissime, ma anche nerissime o bluissime, vengono collocate figurine di lupi, oggetti, cose e case coloratissime, seconda la bisogna e l'estro, e disposte parole anch'esse variamente e discretamente colorate, di misura pure loro variabile, perlopiù in righe lineari, come da norma, ma anche ondulate, arcuate, semicircolari o modulate come fischi. È soprattutto la mano del grafico e dell'illustratore che dà senso alla pagina, le dà una "voce", con una sapiente composizione/organizzazione/strutturazione di parole, figure, spazi, pieni e vuoti, che fa risuonare quelle parole senza alcuna retorica, senza nemmeno bisogno di dirle.

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