Biblioteca Comunale di Bortigali
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In Averno, Louise Glück canta la solitudine e il terrore per l'ignoto, lo splendore della notte e l'amore, il desiderio.
«Il mito è materia dei poeti, ma è materia ostica; maneggiandolo male si finisce facilmente col fare una poesia di maniera, banale e poco sentita. Nel caso di Averno, invece, abbiamo due archetipi – la terra e Persefone – che sostengono un'architettura sapiente e potentissima» – Marilena Renda, in Averno e la poesia perfetta di Louise Glück, premio Nobel per la Letteratura – RivistaStudio
«Basata sul mito di Persefone, la discesa agli inferi di Glück ricorre al recupero di un modello classico, motivo che torna nella sua scrittura fin dagli anni Settanta, per raccontare storie familiari e coniugali. Achille, Ulisse e Penelope, Didone e Enea, Orfeo e Euridice, e perfino Pia de' Tolomei hanno via via offerto alla poetessa americana trame collaudate su cui innestare temi personali, una continua autoanalisi, il confronto con un amore finito, con la rottura del matrimonio, con il proprio Io lesionato» – Antonella Francini, in Louise Glück, versi per sola carne nel nome di dei immortali – il manifesto
È di nuovo inverno, è di nuovo freddo. Il lago Averno, dove gli antichi credevano si trovasse la porta dell'aldilà, è scuro come il cielo sopra le nostre teste. Ad aguzzare gli occhi, riusciamo appena a distinguere la migrazione notturna di uno stormo di uccelli. All'alba, le colline brillano di fuoco, ma non è più il sole di agosto: i nostri corpi non sono stati salvati, non sono sicuri. In Averno, Louise Glück canta la solitudine e il terrore per l'ignoto, lo splendore della notte e l'amore, il desiderio: perché, sembra dirci, anche quando tutto è muto e spento, capita a volte di sentire musica da una finestra aperta, in una mattina di neve, e allora il mondo ci richiama a sé, e la sua bellezza è un invito.