Biblioteca Comunale di Bortigali
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Tra romanzo e memoir, un libro dalla voce schietta e incalzante, che pur sospendendo il giudizio non smette di interrogarci e di invitarci a coltivare la memoria, perché “solo così si può sperare che certe cose non accadano più"
«Agli scrittori accade questo: aprono un cassetto e si trovano a frugare in un mobile intero, poi in una casa, infine nelle case di tutti. Michela Marzano lo fa in questo libro, il suo più autentico, feroce e compiuto» - Nadia Terranova, Tuttolibri - la Stampa
«Intimissima e insieme pubblica, la ricerche di Michela Marzano si misura con i silenzi d'un Paese che non ha mai davvero fatto i conti con la sua storia» - Simonetta Fiori, la Repubblica
«Un autoritratto spietato, utile a rileggere il passato per evitare di riproporlo senza averlo capito» - Alberto Orioli, Domenica - Il Sole 24 Ore
Fuggo da quando ero piccola. Fuggo dal mio passato. Fuggo dalla colpa. Ma qual è esattamente la mia colpa?
Michela Marzano intreccia il passato familiare alle pagine più controverse della storia del nostro Paese. Michela non sapeva. Per tutta la vita si è impegnata a stare dalla parte giusta: i fascisti erano gli altri, quelli contro cui lottare. Finché un giorno scopre il passato del nonno, fascista convinto della prima ora. Perché nessuno le ha mai detto la verità? Era un segreto di cui vergognarsi oppure un pezzo di storia inconsciamente cancellato? “Sono stata pure io complice di questa amnesia?” si chiede Michela dopo aver ritrovato una vecchia teca piena di tessere e medaglie del Ventennio. Inseguendo il filo teso attraverso le vicende della sua famiglia, tra il nonno Arturo e il nipotino Jacopo, l’autrice ridisegna il percorso che l’ha resa la donna che è oggi, costellato di dubbi e riflessioni: il rapporto complicato con la maternità, il legame tra sangue, eredità e memoria, e quel passato con cui l’Italia non ha mai fatto davvero i conti. Il risultato è uno spietato autoritratto che va molto al di là del dato personale, in questo Paese di poeti, di eroi, di santi e (così pare, ad ascoltarne i nipoti) di milioni di nonni partigiani, mettendo in luce la rimozione collettiva dell’humus fascista in cui affondano le radici di molti alberi genealogici.